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Storia

Il fantasma del Castello di Vicalvi

Difatti, secondo lo studioso M. Rizzello, al nucleo volsco e sannita si sovrappose un villaggio romano che colonizzò la piana sottostante che oggi appartiene ai comuni di Vicalvi, Alvito e Casalvieri. Nella piana stessa esisteva sin dal VII sec. a.C. un importante Santuario della dea italica Mefite, divinità legata al culto delle sorgenti, trasformato in centro termale dai romani nel corso del I sec. a.C., proprio in virtù della presenza di acque sorgive: quello di Pescarola.

Le prime fondate notizie sul borgo medievale di Vicalvi, risalgono al X sec. A quei tempi il paese era dominio dei Longobardi del principato di Capua che vi avevano un Gastaldo (feudatario). Il Castello longobardo risale pertanto a questo periodo nel suo primo nucleo. La sua pianta è poligonale ed è circondato da una doppia cinta muraria di difesa. Il motivo della sua edificazione è individuabile nella presenza dei Saraceni dai quali gli abitanti si difesero edificando diversi manieri nel territorio. Dal camminamento delle mura perimetrali è possibile spaziare con lo sguardo sull’intera Valle di Comino e parte della Valle del Liri: il luogo fu certamente prescelto per la sua posizione strategica che consentiva un agevole controllo della regione e delle vie che univano il Lazio all’’Abruzzo e alla Campania.

Il Maniero è organizzato intorno ad una grande corte interna che distribuisce e dà luce ai vari ambienti, un tempo caratterizzati dalla presenza di affreschi. La Cappella del Castello, in particolare, presenta ancora tracce di una Madonna Nera. Nel grande salone sono , invece, tracce di diversi caminetti che servivano per riscaldare l’ambiente più importante del complesso. Già nel 1017, il Castello ed i suoi possedimenti entrarono in possesso dei monaci di Montecassino che li tennero fino al XIII sec. quando passarono ai D’Aquino che rafforzarono il sistema difensivo del Castello.

Nel XIV sec. il Castello passò agli Etendard che lo ristrutturarono in forme gotiche dopo il terremoto del 1349. Subito dopo fu in possesso dei Cantelmo che nel ‘500 lo fortificarono ulteriormente con la costruzione della grande torre ad Est e della possente scarpata inclinata, studiata per la difesa dalle armi da fuoco introdotte nella seconda metà del ‘300. Dopo questi lavori il Castello di Vicalvi iniziò la sua fase di declino poiché i Cantelmo scelsero il vicino Castello di Alvito come dimora principale. Alla fine del ‘700, infatti, le cronache locali riferiscono del suo completo abbandono.

IL FANTASMA

Anche il Castello di Vicalvi, come ogni castello, ha il suo fantasma. Nel XV sec. , sotto il dominio Aragonese di Napoli, il Castello era abitato da un nobile spagnolo e dalla moglie Alejandra Maddaloni. Il giovane nobile era impegnato nella guerra contro gli Angioini e perciò era sempre lontano da Vicalvi. La bella castellana, per consolarsi, prese ad adescare i giovani dei dintorni con la promessa di una notte di passione. Il giorno seguente, per eliminare ogni traccia del tradimento, con l’aiuto di un suo servo, li uccideva gettandoli dalle mura del Maniero e li faceva nascondere nelle campagne di Vicalvi.

Nei dintorni del Castello fu ritrovato, però, qualche giovane orrendamente straziato e le voci sulle malefatte di Alejandra iniziarono a circolare. Al ritorno, il marito venne a conoscenza dei fatti. Pertanto fece incatenare la giovane moglie e la fece rinchiudere nella torre dove fu poi murata viva. Da allora si sono avute, nel corso dei secoli, numerose testimonianze dell’apparizione di una figura spettrale, dai capelli lunghi e neri, di indicibile bellezza che si aggira di notte nei pressi del Maniero, preceduta da uno sferragliare di catene. Essa attira a sè i giovani che si avvicinano al Castello ancora oggi, donando loro una notte di amore, ma facendoli precipitare poi dalle mura della fortezza. Questa leggenda è stata alimentata nel corso del tempo dal ritrovamento di alcuni corpi di giovani precipitati dall’alto delle mura. Forse si è trattato di casi di suicidio ma le voci degli abitanti del borgo hanno sempre incolpato la giovane castellana.

Antonio Iacobelli

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