È una terra dove la storia si intreccia con i misteri, con i miti e con le leggende. Anche il suo nome è avvolto nel mistero.
Secondo l’opinione di molti deriva da Cominio, la città distrutta nell’anno 293 a.C. insieme ad Aquilonia, nell’ultima disperata e cruentissima battaglia combattuta dai Sanniti contro la crescente potenza di Roma, come narrato da Tito Livio e da Dionigi d’Alicarnasso.
Altri lo fanno derivare dai Comini, uno dei quattro popoli degli Equicoli, anch’essi fieri avversari dei romani e da loro sconfitti o da “cominia”, una qualità di oliva, ambedue desunti dalla monumentale opera di Plinio il Vecchio.
Il toponimo, scomparso per oltre sette secoli, ricompare in un atto dell’archivio dell’Abbazia benedettina di S. Vincenzo al Volturno del 778 d.C., con il quale il Duca di Spoleto, Ildebrando, donava alla stessa le chiese di S. Donato e di S. Giuliano, poste “in territorio Cumino”.
DE SANCTO DONATO
Hildebrandus Spoleti Dux Ecclesias S. Donati,
et S. Juliani in territorio Cumino cum
terris et montibus donat Monasterio
S. Vincentii ad Vulturnum
Anno DCCLXXVIII
Nei documenti successivi, il nome Cominio indica un territorio o un contado, a volte ristretto e, a volte, più allargato fino a comprendere anche Atina, ma il cui nucleo essenziale era l’area compresa fra Vicalvi, Alvito, Gallinaro, S. Donato V.C. e Settefrati.
Flavio Biondo
A metà del XV secolo, Flavio Biondo nella sua opera, scrive di “una contrada, per stare su quei monti asperi, amenissima, chiamata hoggi Comino: ella è attorniata da monti altissimi, ha da 8 castella ben popolate, Vicaglio, Alvito, S. Donato, Sette frati, Picinisco, Gallinaro e Casalviero: questa contrada fu dagli antichi chiamata Cominio, da una città che v’era così detta, della quale non sanno i paesani render alcun conto dove ella fusse, e di lei fa Livio menzione. In quella medesima contrada a man dritta sotto i monti è Atina, città antichissima, a lato della quale scorre il fiume Melfa, che nasce nell’Appennino, e va a mescolarsi co’l Garigliano presso a Pontecorvo: di questa città fa Vergilio menzione, e Livio medesimamente”.
Un secolo dopo, anche uno dei più importanti geografi dell’epoca, Leandro Alberti scrive di “un’amena e fertile regione”, comprendente “otto castella”, accordando, come il Biondo, una certa distinzione ad Atina, collocata nella parte occidentale della stessa zona.
Nei due secoli successivi (XVII e XVIII), durante la dominazione dei Gallio, i termini Ducato di Alvito e Cominese, coincisero, almeno nella vulgata popolare e nella letteratura, anche se a quella unità politica non appartenevano Casalvieri e Casalattico, mentre includeva Belmonte Castello, situato subito al di fuori del bacino vallivo.
Il XIX Secolo
Agli inizi del XIX secolo compare per la prima volta come toponimo di una “valle” il cui ambito era circoscritto ai paesi del lato nord-orientale e, nel 1862, il Comune di S. Donato, per distinguersi dagli altri con lo stesso nome, otteneva dal Re Vittorio Emanuele II di poter aggiungere l’attributo di “Val di Comino”.
Ancora agli inizi del ‘900, secondo uno storico locale, per Valle di Comino si intendeva solo la zona nord-orientale, vale a dire la zona compresa fra Settefrati, S. Donato (con Gallinaro, allora sua frazione), Alvito e Vicalvi.
Nemmeno il generoso tentativo di un grande geografo, Roberto Almagià, è servito per darle un nome. Perciò, ancora oggi, sulle carte geografiche ufficiali non compare il suo nome. Quindi ufficialmente non esiste formalmente, ma di fatto sì.
Riccardi Orazio Paolo