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Settefrati

La chiesa di S. Maria di Canneto nel 1639-1642

Dagli Atti di sacra visita di questi anni del vescovo di Sora Mons. Felice Tamburrelli emergono i primi particolari dell’interno della chiesa di Canneto, e le prime notizie storiche delle feste tradizionali della Madonna ed infine dell’esistenza di una chiesetta dedicata alla SS. Annunziata, situata sulla spianata del tempio.

La visita al santuario, per mandato speciale del vescovo, fu effettuata da d. Michele Cardelli, arciprete di Settefrati. Nella sua relazione al presule il reverendo convisitatore faceva le seguenti annotazioni:
All’interno della chiesa si trovava l’altare maggiore, che però mancava dei requisiti necessari per celebrare la Messa e, poiché sulle pareti si rilevavano infiltrazioni di acqua, bisognava procedere quanto prima alle opportune riparazioni del tetto.

Il 22 agosto, ottava dell’Assunta, vi si celebrava la festa della Madonna di Canneto con grande concorso di cittadini e di fedeli, provenienti da molti paesi e città. Alla vigilia della festa, come da antica e lodevole tradizione, tutto il clero di Settefrati di buon mattino si avviava processionalmente verso detta chiesa, risalendo lentamente i monti e portando le reliquie dei diversi santi. Qui giunti, ad orario canonico, si cantavano i primi vespri solenni.

Nel giorno della festa, per comodità del popolo, si celebravano più Messe non solo nella chiesa grande, ma anche nella cappella dell’Annunziata, che sorgeva sul piazzale. Dopo le singole celebrazioni si distribuiva ai fedeli del pane, i cosiddetti panicelli.

Le offerte, che si raccoglievano durante la Messa solenne, spettavano alla chiesa di Canneto, che peraltro era tenuta a proprie spese ad assicurare mattina e sera il vitto a tutti i sacerdoti intervenuti ed ovviamente anche al personale laico addetto in quei giorni al santuario, nonché a fornire il frumento necessario per la confezione di quei pani.

La chiesa della Madonna aveva annualmente una rendita di 180 ducati, che venivano devoluti al seminario di Sora per sostenere i molti adolescenti, che qui si dedicavano agli studi umanistici e alla musica. Lodando questa pia e raccomandabile opera, il reverendo convisitatore concludeva la sua relazione.

Nella seconda sacra visita, avvenuta nel maggio 1642, tre anni dopo, si dava mandato agli amministratori del seminario di Sora, da cui continuava a dipendere la chiesa della Madonna, di provvedere allo spostamento dell’altare maggiore verso la parete di fondo e di
ampliarne lo spazio di un palmo; inoltre di asportare o di disfare i due altari posticci, situati in detta chiesa; di riparare la parete nella parte posteriore del tempio; di togliere la legna posta sui travi di detta chiesa ed infine di provvedere del necessario l’altare, di porvi i candelieri e
di mettervi a disposizione uno sgabelletto.

Pertanto in tale epoca esistevano all’interno della chiesa di Canneto tre altari, uno centrale (l’altare maggiore ), che in quell’occasione mancava di parte dell’arredamento essenziale per celebrarvi, e due laterali, che dovevano essere rimossi, tutti situati nella parete di fondo, priva di abside, e corrispondenti rispettivamente alle tre navate.

La parete di fondo non era altro che il muro perimetrale, posto ad est, della navata trasversale o transetto, costruita ai tempi dell’abate d. Federico de Mamlion e resterà così fino alla nostra epoca. L’abside o costruzione semicircolare di questa parte terminale della chiesa, alle spalle dell’altare maggiore, sorgerà solo recentemente con i lavori di
prolungamento dell’edificio sacro, avvenuti nel periodo 1951-1957.

Negli anni, di cui stiamo parlando (1639-1642), all’altare di centro era sistemata la cappella della Madonna, come confermerà meglio la testimonianza del 1693, di cui in seguito.

Dai due documenti in esame apprendiamo anche che al seminario di Sora, a cui spettava tutta la rendita del beneficio di Canneto per l’alto scopo educativo e formativo indicato, toccava pure l’onere di provvedere alla manutenzione e al funzionamento della chiesa della
Madonna, al vitto ai presbiteri e al personale laico nei due giorni della festa e alla confezione dei panicelli da distribuire al popolo.

Ma, poiché la rendita annuale era appena sufficiente al mantenimento degli alunni e delle scuole del pio istituto, i responsabili del seminario demandavano questo compito di preparare il vitto e i panicelli per i due giorni della festa ai fittuari delle terre del santuario, come risulta dai vari contratti di fitto, che si rinnovavano periodicamente e che vanno dal 1677 al 1830.

Intanto va qui ricordato che nei documenti che andiamo esaminando e in quelli che prenderemo in considerazione, atteso lo scopo specifico della presente ricerca storica, privilegiamo le notizie relative agli aspetti strutturali ed amministrativi della chiesa di Canneto, non omettendo però di fare un cenno anche alle altre notizie ivi contenute, specie se sono di grande importanza per la storia del nostro santuario, come quelle che rinveniamo nei due documenti in parola, soprattutto nel primo, in quello del 1639, più ricco di particolari, dove troviamo i primi accenni storici di alcune tradizioni e consuetudini plurisecolari di Canneto, quali il giorno della festa della Madonna, la processione delle reliquie della vigilia, l’esistenza di una cappella esterna dell’Annunziata e la distribuzione dei panicelli.

Il giorno della festa

Era ed è rimasto per sempre il 22 agosto, ottava dell’Assunta. Nella lettera collettiva del 25 novembre 1475 dei due cardinali romani, Bartolomeo di S. Clemente e Giuliano di S. Pietro in Vincoli, il futuro papa Giulio II, il 22 agosto era uno dei cinque giorni nei quali si poteva visitare la chiesa di Canneto per lucrare l’indulgenza di 100 giorni: l’Assunta, l’Ottava, la Natività di Maria, la Natività di S. Giovanni Battista e la Dedicazione della chiesa.

Ma, con il passare del tempo, quattro di quelle ricorrenze, l’una dopo l’altra, decaddero e nel luglio 1639, quando è datato il primo documento in esame, era rimasta unicamente l’ottava dell’Assunta. Se si considera poi che tale giorno festivo appare fin dal novembre 1475 nella lettera collettiva delle indulgenze, non è illogico pensare che il 22 agosto fin dai tempi della lettera era divenuto la festa primaria della Madonna di Canneto.

Aggiungo che per la storia e la devozione mariana del santuario di Canneto l’ottava dell’Assunta era e rimane di grande interesse anche sotto l’aspetto teologico-liturgico ed iconografico, perché nell’ambito della solennità del ferragosto è nato e si è gradualmente sviluppato il culto della Madonna Bruna e il suo vetusto simulacro dovette essere in origine la statua dell’Assunta, che poi, dal luogo dove era posta la sua chiesa, si cominciò a chiamare Madonna di Canneto.

La processione delle reliquie


Si svolgeva il 21 agosto, alla vigilia della festa, da Settefrati a Canneto. Era “una lodevole e antica consuetudine”, come scriveva l’arciprete Cardelli, la quale pertanto aveva le sue origini in epoche anteriori al 1639.

Queste reliquie erano ovviamente quelle, che fino al 1574, come si ricorderà, si trovavano nella chiesa di Canneto, e che all’epoca del vescovo di Sora Giovannelli, intorno al 1618, erano state traslate e custodite nell’arcipretura di Settefrati sotto l’altare del patrono S. Stefano.

Nello stesso giorno e parimenti di buon mattino una processione del tutto simile a quella di Settefrati muoveva nel versante opposto del Melfa dal limitrofo paese di Picinisco, alla volta di Canneto. Erano i canonici della collegiata di S. Lorenzo, che, seguiti da un popolo festante, portavano quassù le reliquie dei santi in dotazione di quella insigne chiesa. Erano due popoli vicini in esultanza, testimoni entrambi da sempre delle epifanie mariane di Canneto.

A motivo della presenza di tante reliquie e di tanto popolo, il 21 agosto a Canneto divenne esso stesso un giorno di festa, che fu chiamato: “Festa delle reliquie”. Come manifestazione esterna veniva organizzata dai pastori, i quali d’estate stanziavano su quelle montagne e ne sostenevano le spese, offrendo abbondantemente i prodotti squisiti dei loro greggi.

Tale festa, frutto dei buoni rapporti, che intercorrevano tra i due popoli vicini, si continuò a celebrare per quasi un secolo, poi per malintesi e gelosie facili a sorgere, specie in quei tempi, tra paesi limitrofi, decadde e sopravvisse solo a Picinisco nell’ambito di quella parrocchia. Qui il 21 agosto di ogni anno, nella solennità delle feste patronali, a ricordo degli antichi fasti di Canneto, si celebra ancora la “Festa delle reliquie”.

La cappella dell’Annunziata. Un nuovo pellegrinaggio il 25 marzo

La chiesa di Canneto per l’accorrere sempre più numeroso di pellegrini, si era rivelata con il tempo ognor più inadeguata a contenere le folle dei fedeli, specie nel giorno della festa, cosicché gran parte di questi, per poter partecipare ai riti religiosi, dovevano accontentarsi di restare sul piazzale antistante, che per giunta in quelle epoche lontane era ancora ingombro di spuntoni di rocce, che riducevano molto gli spazi utili per sostarvi.

Di qui la necessità di costruire sul sagrato, al largo, a margine della faggeta dirimpetto, una cappella, dove la folla accorsa, pur restando all’esterno della chiesa grande, potesse agevolmente (“ob populi commodum”), partecipare alla Messa solenne della festività ed accostarsi all’Eucaristia.

Il tempietto fu dedicato all’Annunziata, sia come omaggio a un titolo mariano che in quell’epoca era dovunque “in auge” (in quei tempi sorsero chiese o cappelle con tale denominazione anche in alcuni paesi di Val Comino, a cominciare dalla coeva chiesa parrocchiale della SS. Annunziata di Villa Latina), sia come frutto di un nuovo pellegrinaggio a Canneto, oltre quello del 22 agosto, che si svolgeva il 25 marzo di ogni anno, il quale doveva preesistere alla data stessa del 1639 e che in seguito si sviluppò e sopravvisse fino all’epoca della prima guerra mondiale.

I panicelli

La distribuzione dei panicelli a Canneto in occasione della festa della Madonna il 22 agosto, che troviamo documentata per la prima volta nel 1639, doveva essere un’usanza molto antica e di origine benedettina, risalente cioè al periodo in cui quassù, ad officiare la chiesa di S. Maria di Canneto, si trovavano i monaci cassinesi, vale a dire dal 1288 al 1569, quando il patrimonio fondiario del santuario passò di nuovo dalla giurisdizione di Montecassino a quella della diocesi di Sora e fu unito dal vescovo Mons. Gigli al seminario sorano.

Difatti nella “Terra di S. Benedetto” la curia cassinese doveva dare un panicello (“unum panicellum”) ai fittuari che a Natale, a Pasqua o nella ricorrenza di S. Benedetto portavano puntualmente i vari donativi (uova, polli, ciambelle, parti di animali uccisi ed altro del genere), dovuti all’abbazia per l’uso di terre ad essa appartenenti. Ne rinveniamo un cenno fin da uno strumento del 26 novembre 1270.

A Canneto l’usanza dei panicelli, a mio avviso, voleva essere, in questo stile benedettino, un piccolo “presente” o “grazie” dell’amministrazione del santuario per le tante offerte, che in molti modi i fedeli facevano alla chiesa della Madonna, a sostegno dell’opera del santuario. Una catena di generosità, che non è venuta mai meno nei secoli e che dura ancora oggi.


Tratto dal libro di Mons. Dionigi Antonelli • La chiesa di S. Maria di Canneto: dalle antiche costruzioni all’attuale ristrutturazione generale