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Settefrati

La chiesa nel 1475. Il primo restauro storico

Un primo accenno alla chiesa di S. Maria di Canneto, come edificio, si rinviene nella lettera collettiva “Deum placare” del 25 novembre 1475, il cui contenuto è ben noto. Con essa i due cardinali di S.R.C., Bartolomeo Roverella e Giuliano della Rovere, il futuro papa Giulio II, su richiesta dell’abate commendatario di Canneto, Francesco de Vulpinis, concedevano alla “Chiesa del dirupo monastero di S. Maria di Canneto dell’ordine benedettino nel territorio del castello (o borgo fortificato) di Settefrati, diocesi di Sora” cento giorni d’indulgenza da lucrarsi sul luogo in determinati giorni, tra i quali il 22 agosto, affinché i fedeli salissero più frequentemente lassù per godere di questo beneficio spirituale ed offrire nel contempo il loro obolo per il restauro e la manutenzione della medesima chiesa.

Notiamo alcune espressioni letterarie che figurano nel documento e che fanno al caso nostro:

  • la prima espressione è questa: si parla di “Chiesa del dirupo monastero della Beata Maria di Canneto”, da cui deduciamo che il tempio mariano e il monastero benedettino dovevano essere due costruzioni distinte ed anche distaccate. L’uno era funzionale, ma aveva bisogno di riparazioni, perciò l’abate de Vulpinis si era rivolto con la sua petizione alla Santa Sede per un contributo, mentre l’altro, abbandonato da oltre un secolo dalla comunità religiosa,
    che era scesa ad abitare nei dintorni di Settefrati, era ormai in rovina. Questa seconda costruzione si trovava nelle vicinanze della chiesa, al lato sud della Valle, a quota leggermente più bassa e al riparo dei venti e delle tormente di neve. Sulle sue rovine nel 1778 sorse la ben nota ferriera regia per lo sfruttamento industriale della limonite di Canneto. Il minerale era più esattamente il sesquiossido di ferro idrato, uno dei minerali del ferro, ancora oggi rilevabile nella zona.
  • La seconda espressione letteraria riguarda la sacra costruzione, vera e propria, e dice: “affinché la chiesa sia debitamente riparata e mantenuta nelle sue strutture ed edifici”. “Strutture ed edifici”: due termini che si addicono più alle nuove opere edili di oggi che a quelle di cinque secoli fa.
    Senza forzare il senso delle due parole, sono d’avviso che il primo termine, “le strutture”, stia ad indicare le mura perimetrali, il tetto e i pilastri interni, mentre il secondo termine, “gli edifici”, voglia significare le aule o navate.
    Doveva trattarsi di una chiesa a tre navate, di cui quella centrale era poco più alta delle due laterali, con un unico tetto a due spioventi, coperti a canali e con tre ingressi sul prospetto.

Tratto dal libro di Mons. Dionigi Antonelli • La chiesa di S. Maria di Canneto: dalle antiche costruzioni all’attuale ristrutturazione generale

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