Il 15 luglio 1563 con il decreto “Cun adolescentum” il Concilio di Trento aveva stabilito che le singole Chiese Cattedrali, metropolitane ed altre Chiese maggiori, a seconda dei mezzi e dell’ampiezza della diocesi, educassero religiosamente ed istruissero nelle discipline ecclesiastiche un certo numero di fanciulli da tenersi in un “collegio”, sito presso le stesse chiese o in un altro luogo conveniente.
Tali fanciulli dovevano avere almeno l’età di 12 anni, legittimità di natali, saper sufficientemente leggere e scrivere e mostrare indizi di vocazione ecclesiastica, a cominciare da alcune qualità umane insostituibili, come la docilità di carattere e la buona volontà.
Il principio-base, che ispirò ai Padri Tridentini la fondazione di detti “collegi” o seminari diocesani, è enunciato fin dall’inizio del citato decreto: “L’età degli adolescenti, se non viene rettamente educata, è prona a seguire i piaceri del mondo, e se non s’informa fin dai più teneri anni alla pietà e alla religione, prima che i vizi si impadroniscano di tutto l’uomo, non potrà giammai…, senza quasi un singolare aiuto dell’Onnipotente, perseverare nella disciplina ecclesiastica”.
L’importanza della giurisdizione dei vescovi di Sora sulla chiesa di S. Maria di Canneto in Settefrati
Parole sagge e lungimiranti, che genitori, maestri e sacerdoti dovrebbero sempre tener presenti per non rendere vana la loro azione educativa e formativa. L’allora vescovo sorano Mons. Gigli, che aveva partecipato alla terza ed ultima fase della grande assise, al suo ritorno a Sora, pensò di dare subito un collegio-seminario alla diocesi. Il 7 giugno 1565, ad appena un anno e mezzo dalla conclusione del Concilio, il pio istituto risultava già fondato. Il vescovo stesso metteva a disposizione dei primi alunni, come sede provvisoria, un’ala del palazzo vescovile.
Ma, poiché il collegio-seminario, secondo il Tridentino, doveva essere aperto soprattutto ai “figli dei poveri, senza però escludere quelli dei ricchi a condizione tuttavia che siano mantenuti a loro spese…”, il problema più urgente che Mons. Gigli si poneva era quello di reperire i mezzi finanziari indispensabili per il sostentamento degli alunni, per il salario dei professori e degli inservienti e, in prospettiva, per costruire una nuova residenza più idonea e rispondente alle esigenze degli adolescenti.
Per far fronte alle suddette necessità il sacrosanto sinodo aveva concesso ai vescovi ampie facoltà su tutti i redditi e i proventi degli enti, delle istituzioni anche regolari ed esenti e dei benefici ecclesiastici. Nell’ambito della diocesi di Sora il vescovo Gigli, usufruendo di tali facoltà, unì al nuovo collegio-seminario i seguenti benefici vacanti in questo ordine di tempo e di luoghi:
Il 7 giugno 1565 furono annessi i benefici di S. Lucia e di S. Maria in territorio di Schiavi (Fontechiari) con la chiesa di S. Bartolomeo, posta nel palazzo del marchese di detto paese. Il 28 agosto e il 22 novembre dello stesso anno vennero uniti i benefici di S. Cristoforo e di S. Matteo in S. Donato V.C., quelli di S. Angelo in Campoli, di S. Maria in Vicalvi e di S. Onofrio in Alvito.
L’8 giugno 1569 Mons. Gigli con strumento pubblico, rogato dal notaio Giovanni Battista de Baiozzi di Frosinone, univa al pio istituto anche il grande beneficio della chiesa di S. Maria di Canneto in Settefrati, che in tal modo passava dalle dipendenze dell’abbazia di Montecassino alla giurisdizione dei vescovi di Sora.
Tale evento costituiva per l’antico tempio mariano una vera svolta storica nelle sue vicende, già più volte secolari, in quanto all’alpestre chiesa di Maria, affidata da allora in poi al clero diocesano e locale, cioè di Settefrati, più direttamente interessato e partecipe degli avvenimenti di Canneto, si aprivano maggiori possibilità di sviluppo, sia sul piano delle strutture murarie, sia su quello della vita religiosa.
Così difatti si è verificato nei secoli successivi fino ai nostri giorni. L’attuale ristrutturazione generale del santuario e il grandioso pellegrinaggio di oggi ne sono la prova più evidente e significativa.
Ma quello dell’8 giugno 1569, più che un passaggio dalla giurisdizione monastica alla giurisdizione vescovile, era un ritorno alla diocesi di Sora, dopo quasi tre secoli che l’abbazia di Canneto era stata una delle prepositure cominesi di Montecassino, cioè da quel fatidico 13 dicembre 1288, quando il collegio di chierici, residente e in servizio presso detta chiesa, fino allora dipendente direttamente dai vescovi sorani, ottenne dal papa Niccolò IV la concessione della regola benedettina da osservarsi in quella comunità, trasformandosi in tal modo in una obbedienza o cella dell’abbazia cassinese.
Da quell’epoca la chiesa di S. Maria di Canneto rimase affidata al seminario diocesano di Sora con l’obbligo di manutenerla e di provvederla della suppellettile necessaria, mentre il rettore del pio istituto divenne nel contempo anche rettore del santuario. Tale dipendenza durò per ben quattro secoli fino al 1972, quando il vescovo di Sora, Mons. Minchiatti, prese la decisione di dividere i due incarichi, consentendo alle due pie istituzioni, il seminario e il santuario, di seguire ciascuna la propria strada.