Anche l’azione dell’altro console a Cominio ebbe la stessa fortuna. Alle prime luci dell’alba, Carvilio condusse tutte le sue forze attorno alle mura, e strinse di una morsa la città, dopo aver disposti grossi rinforzi vicino alle porte per impedire ogni tentativo di sortita. Nel momento stesso però che stava dando il segnale dell’attacco, venne a fermarlo il messo di Papirio, tutto allarmato per l’imminente arrivo delle 20 coorti Sannitiche. Fu così costretto a dislocare una parte delle truppe già impegnate nel combattimento, e mandò il luogotenente Decimo Bruto Sceva con la prima legione, scortata da 10 coorti alari e dalla cavalleria, contro i rinforzi nemici, con l’ordine di affrontarli e trattenerli, o anche combatterli, se fosse necessario, dovunque si fossero incontrati con essi, ed impedire ad ogni costo che arrivassero a Cominio.
Indi, con mossa concentrica, fece appoggiare delle scale alle mura e raggiungere le porte colla testuggine, e così in uno stesso tempo si fracassavano le porte, e si dava la scalata alle mura. I Sanniti, che avevano dimostrato abbastanza coraggio nell’impedire ai nemici l’irruzione nella città fino a che questi non furono riusciti a salire armati sopra le mura, quando videro che ormai non si combatteva più a distanza e con armi da getto, ma corpo a corpo, e che quei Romani, duali avevano durato tanta fatica a dare la scalata alle mura, ora, dopo aver superato quest’ostacolo che più avevano temuto (Vedi figure 17,18), erano nettamente superiori trovandosi a pari condizioni contro un nemico molto più debole, abbandonarono le mura e le torri, e si riversarono tutti nella piazza principale (Vedi figura 19), dove fecero un’estremo tentativo di resistenza, ma ben presto gettarono le armi, e si arresero alla discrezione del console in numero di circa 11.400. I morti erano stati circa 4.880.