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La Seconda Guerra Mondiale nelle retrovie della Valle di Comino

LA GUERRA DI CASSINO NELLE SUE RETROVIE
(Dal vero)

Quello che nessumo avrebbe mai creduto si è avverato. Le nostre regioni così pacifiche e nascoste sono state per tanti mesi punto strategico d’eccezionale importanza al Comando tedesco per’arrestare la marcia dell’esercito Anglo-Americano che avanzava dal mezzogiorno d’Italia. Il fronte di Cassino presentava fin dal settembre 1943 il tragico conflitto alle nostre porte.

Bagliori di fiamme, fragori d’artiglierie si vedevano e sentivano ogni giorno, rombi e detonazioni di bombe con crescendo sempre più pauroso rintronavano dietro i monti in direzione di Cassino.

La Guerra si avvicinava!

Fin dai primi di settembre cominciarono a venire soldati disarmati e fuggiaschi, sfollati di Roma e di Napoli, di Cassino, di Colli al Volturno, d’Isernia, d’Atina; gente randagia sfuggita alle razzie tedesche o alle raffiche di fuoco sulle città e villaggi che l’esercito anglo-americano occupava.

Ai primi di ottobre comparvero i tedeschi.

Erano soldati e ufficiali di bell’aspetto, alti e robusti, adusati alle fatiche, resistenti. Si lavavano, seminudi alle gelide acque della nostra fontana anche nelle più rigide giornate di dicembre. Comparivano sui loro autoveicoli rapidamente a tutte l’ore. Il nostro popolo appena sentiva il rumore d’una macchina, si metteva in allarme e fuggiva spaventato. Il messo comunale ad ogni loro arrivo suonava la tromba e intimava il bando: olio, vino, vacche, pecore, maiali, galline, apparecchi Radio, tutto occorreva ai nuovi padroni. Essi s’imponevano con le pistole alla mano.

Ho visto coi miei occhi il 6 dicembre un gregge di 360 pecore requisite a Settefrati, ed ho assistito allo spettacolo di quelle povere bestie belanti ai legittimi padroni che riempivano tutta la strada, mentre i soldati tedeschi innanzi e indietro saltellanti dalla gioia, imitavano le maniere dei pastori. I maiali razziati facevano sentire ogni giorno i loro stridi quando li caricavano sulle macchine. Non c’era stalla o covile che le soldatesche non titrovassero, bussando di porta in porta e imitando il grugnire dei porci per allettarli e deportarli.

Sotto l’intimazione di rappresaglie severissime, pretesero che tutti gli operai atti al lavoro, e anche professionisti che mai avevano maneggiato la marra e il piccone, andassero a costruire, sotto loro sorveglianza, opere guerresche sui dorsali della Meta. Molti si sottrassero fuggendo sui monti.

Il fragore della guerra intanto aumenta sempre più. Il cannone tuona giorno e notte nella nostra Valle di Comino e risponde ad altri cannoni appostati, sembra, verso Cardito, Cerasuolo, le Mainarde. Centinaia di aerei solcano il cielo in tutte le direzioni ed è sempre un continuo susseguirsi di rombi: la contraerea tedesca spara in continuazione; cadono schegge ferrigne su paesi inermi e pacifiche popolazioni. Gli aerei anglo-americani sguisciano novantanove su cento tranquillamente illesi.

La gente spaurita corre a rifugiarsi negli antri e nelle grotte. Da Settefrati, il paese più alto di questo versante, si vede in mezzo a fiamme e fuoco Atina aggredita: dalle bombe anglo-americane. Villa Latina è presa di mira, il ponte del Melfa, ogni nodo stradale non sfugge alla pioggia di fuoco. Colonne di denso fumo si elevano al cielo in direzione di Roccasecca, si sentono detonazioni formidabili. Un treno di proiettili, come si seppe dopo, scoppiava in quella stazione. Un deposito di benzina si vede bruciare fra alte fiammate a Rosanisco.

Anche Settefrati doveva avere la sua ora funesta.

Il 15 dicembre, alle.ore 11,30, otto o nove bombe di grosso calibro colpirono le adiacenze del paese. Una cadde in pieno sull’Asilo Infantile “Colonia Americana” dove forse si credeva che fossero acquartierate le truppe tedesche. Chi scrive si trovava in quell’ora a pochi passi di distanza, facendo scuola a cinque giovinetti, quando il rombo della bomba, schegge e mitraglia scossero il cielo e mandarono in frantumi vetri, tetto e finestre. Istante terribile, indescrivibile! Come per miracolo uscirono illesi dal crollo dell’edificio scolastico in mezzo a un nuvolo di calcina e di polvere il Maestro Giuseppe Terenzio, le Suore del’Preziosissimo Sangue e il mio piccolo nipote Pierino di otto anni che si trovava colà a giocare. Rimase invece sepolta sotto le pietre gravemente ferita la fanciulla Gina Fabrizio. Altra bomba in vicinanza della rotabile, tolse all’istante la vita alla giovane donna, pia e buona Emilia Corona e ferì mortalmente la di lei figlia Michelina di quattro anni che spirò poche ore dopo.

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