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Storia

I Garibaldini della Valle di Comino

I Garibaldini della Valle di Comino e in particolare a Casalvieri nei documenti storici e in alcuni saggi.

I CACCIATORI DEL VESUVIO

Per parlare dell’argomento dobbiamo partire dall’inizio, cioè dall’impresa di Garibaldi e dei garibaldini casalvierani guidati da Alessio Mollicone. (1)

Alessio Mollicone, con autorizzazione del 27 settembre 1860 da parte del generale Enrico Cosenz formò anche a Casalvieri la Guardia Nazionale, intesa ora, per esplicita disposizione legislativa, come una milizia volontaria antiborbonica. Con questa milizia Mollicone compì più di una impresa (2) e per quella compiuta contro la banda Chiavone il 3 dicembre 1860 abbiamo anche i nomi di alcuni dei componenti.

Infatti essa ebbe esito negativo e si dovettero contare, letteralmente, i morti e i feriti. Lo scontro era avvenuto a Sora, 400 chiavonisti contro 1200 della Guardia Nazionale di Casalvieri, senza il soccorso di nessuno giacché la Guardia Nazionale di Atina partì, inutilmente, in ritardo.

Nel combattimento morì Onorio Cicchini e furono feriti gravemente Ignazio Fanelli, Carlo Iacobelli, Pietro Primavera e Luigi Fiore, tutti di Casalvieri. Del gruppo faceva parte anche Benedetto Fanelli, che aveva avuto trascorsi irregolari, a tratti addirittura rocamboleschi. Infatti Benedetto Fanelli, già presente nell’elenco dei sospetti ladri del 1855, nel 1857 si trovava nel penitenziario di Ponza per una sentenza della Corte Criminale dell’Aquila. Qui fu liberato da Carlo Pisacane, che voleva servirsi dei galeotti per combattere contro i soldati borbonici, ed ebbe anche la fortuna di non essere fra i 300 giovani e forti di mercantiniana memoria. Se ne tornò quindi a Casalvieri dove fu ricercato come pericoloso bandito dal sottointendente borbonico Colucci, finché non si costituì spontaneamente.

La sua storia va unita a quella degli altri casalvierani, dalla fedina penale più o meno sporca, i quali furono reclutati, sull’esempio di Pisacane, per combattere contro i Borboni e si trovarono così a diventare garibaldini. Tali rimasero e si comportarono bene, cioè combatterono quando c’era da combattere, ma solo finché durò Garibaldi.

Li vediamo, infatti, il 6 ottobre fra i volontari di Teodoro Pateras nella battaglia alla baionetta, a Civitella Roveto, contro i volontari di La Grange, ovvero nella 4° compagnia dei Cacciatori del Vesuvio. Sono, oltre a Benedetto Fanelli, IgnazioFanelli, Carlo Iacobelli, Pietro Primavera, Luigi Fiore, Pasquale Colella. È molto probabile che ce ne fossero anche altri, ma la loro individuazione richiederebbe ulteriori ricerche negli archivi di Stato.Tutti i 40 uomini della compagnia diedero buona prova di sé, specialmente quelli di Casalvieri e degli altri paesi della Valcomino, Alvito, Terelle e Picinisco, considerando anche che l’esito dello scontro non fu favorevole e costò morti e feriti. Nello stesso mese di ottobre i nostri cacciatori andarono a Sulmona ad incontrare il re Vittorio Emanuele II di Sardegna, che ormai stava facendo la discesa trionfale nel regno del sud, e che li colmò di complimenti. 2.3.

FINE DELL’ESERCITO MERIDIONALE

Quanto durò il sodalizio con i liberali? Perché poi si ruppe? Possiamo ricostruire alcuni momenti, tutti connessi alla questione dell’Esercito Meridionale.

Questo fu il nome collettivo dei diversi corpi di volontari che, una volta iniziata l’impresa dei Mille, risposero all’appello di Garibaldi e che, riforniti di vestiario di armi di cibo e di soldo direttamente dal Ministero della Guerra e anche da sovvenzioni private, vennero organizzati militarmente al comando di giovani ma già combattenti di lunga data nelle guerre d’indipendenza insieme con il Generale Garibaldi, poi diventato dittatore in nome di Vittorio Emanuele. Il conte Teodoro Pateras, napoletano, che come volontario garibaldino si era guadagnato i gradi di tenente nelle precedenti campagne di guerra, ora fu posto al comando della Legione dei Cacciatori del Vesuvio con il grado di Colonnello, coadiuvato dal Tenente Colonnello Giuseppe Fanelli, napoletano anch’egli di provata fede garibaldina. Il corpo dei Cacciatori del Vesuvio era stato fondato a San Pietro Infine dall’avvocato Ercole Raimondi il quale «abbandonando affari, moglie e sei figli fin dai primi giorni dell’agostous cooperò efficacemente all’organizzazione di questa legione in Terra di Lavoro ». Erano circa 250 volontari divisi in sei compagnie, di cui la quarta formata da 27 soldati, 3 caporali, 6 sottufficiali, 1 alfiere, 2 tenenti e 1 capitano. I due tenenti erano Mollicone Cesidio (3) e Monti Francesco di Casalvieri, i soldati provenivano quasi tutti dai paesi della Vallee alcuni dei nomi dei casalvierani li abbiamo già visti. A questi aggiungiamo Donato D’Arcangelo e Carlo Recchia di Luigi di Marco Antonio, la cui presenza si connota ben diversamente da quella dei summenzionati. Abbiamo visto anche che si erano distinti nelle operazioni di guerra e avevano avuto gli elogi del Re e il Pateras anche una spilla di brillanti. E pensare che lui e i suoi ufficiali, patrioti fino al midollo, avevano sempre rifiutato le gratifiche loro spettanti. Il re però non vedeva l’ora di liberarsene e, di lì a poco, cominciò intanto a liberarsi di Garibaldi. Il 7 novembre il Re faceva il suo ingresso a Napoli con a fianco il deluso Eroe che l’indomani stesso partiva per l’isola di Caprera, dopo avere rifiutato le gratifiche e i doni di Vittorio Emanuele, che gli rifiutava la carica di Luogotenente per darla al fido politico Luigi Carlo Farini. Mandare a casa tutti i componenti l’Esercito Meridionale fu però una faccenda più complicata e più lunga, che ebbe inizio con il decreto di scioglimento firmato da Cavour l’11 novembre1860, pochi giorni dopo il plebiscito di annessione al Regno di Sardegna. Pochi mesi dopo, nel Parlamento italiano a Torino, la decisione fu aspramente condannata dai deputati di sinistra e vale la pena riportare alcune espressioni tratte dal dibattito parlamentare.

Il deputato piemontese Angelo Brofferio, nella seduta del 23 marzo 1861: Tanti altri ufficiali che servirono il Borbone, e i duchi, e il papa, contro la causa dell’Italia, si accolsero con amoroso amplesso e si credettero meritevoli di tutta la fiducia del Governo…

NOTE

1 – Alessio Mollicone diventò sindaco di Casalvieri il 19 maggio 1861, nelle prime elezioni amministrative del Regno d’Italia.

2 – Il 16 settembre 1860 era domenica, ma Mollicone con la sua milizia dovette accorrere ad Alvito in soccorso della Guardia Nazionale capitanata da Lecce il quale, una volta liberato dall’assedio dei borbonici, dovette frenare i liberatori che sembra fossero intenzionati a spargere sangue.

3 – Cesidio Mollicone, 1836–1906, fu sindaco di Casalvieri nei periodi1867–70 e 1889–90.AS–CE, Prefettura Gabinetto, busta 249, foglio 2545 e busta 253, foglio 2573,FERRI–CELESTINO, op. cit. pp. 73–4, ex LANNA, pp. 116–118 e CERRI, pp. 59–60.FERRI–CELESTINO, op. cit., pp. 36–39; AS–CE, Ex Intendenza borbonica, Alta Polizia, busta 203; C. JADECOLA, Al tempo dell’Unità tra regnicoli e papalini, pp. 24–26.C. CESARI, Le legioni del Sannio e i Cacciatori del Vesuvio nel 1860, Città di Castello 1912, p. 497.

Testo tratto da “Le facce travisate con farina” p. 46-50 cap. 2.2.

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