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L’attacco del brigante Chiavone a Fontechiari

La notte del 9 Maggio 1862, un gruppo di 150 briganti, al grido di “Viva Francesco II”, entrarono nel paese di Fontechiari (all’epoca Schiavi), rapendo la moglie del sindaco e liberandola solo in cambio di gioielli.

Durante l’assalto, incendiarono diverse case, tra cui quella del sindaco, del Capitano della Guardia Nazionale, dell’esattore delle tasse, la farmacia e la bottega del caffè, distruggendo tutto ciò che aveva a che fare con il Risorgimento.

Questo fu l’ultimo attacco di Chiavone prima della sua morte il 28 giugno 1862 a Trisulti. I Piemontesi arrestarono sei uomini accusati di essere briganti, ma furono quasi tutti assolti poiché la popolazione testimoniò a loro favore.

Per molti anni, questo episodio era stato dimenticato fino a quando, venti anni fa, nella biblioteca del Maestro Remo De Carolis, fu trovata una cronaca dell’assalto scritta da un sacerdote. In seguito fu scoperta una documentazione completa sull’evento presso l’archivio storico comunale.

La storia di quell’epoca è stata ricostruita solo attraverso la documentazione dei vincitori, ma ora si ha a disposizione una grande quantità di documenti inediti che rappresentano una fonte neutrale e ci danno una visione della vita e degli umori della nostra gente all’epoca, che non vedeva nulla di positivo nell’Unità Nazionale e aveva lo stesso atteggiamento di “diffidenza” che noi oggi abbiamo verso l’Unione Europea.

L’effetto sulla nostra regione fu devastante, iniziando con essa la grande emigrazione di cui ancora non si vede la fine.

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